Tumore al seno: perché la prevenzione è la tua miglior difesa
Il tumore al seno (o carcinoma mammario) è il tumore che più frequentemente colpisce le donne. Solo nel 2023, le stime suggeriscono che siano state effettuate circa 55.900 nuove diagnosi. Nonostante questi numeri possano spaventare, è confortante sapere che oggi, rispetto al passato, grazie ai progressi della medicina e ai programmi di screening per la diagnosi precoce, da questo carcinoma si può guarire.
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Che cos’è il tumore al seno e come si manifesta
Il tumore al seno è una malattia caratterizzata dalla moltiplicazione incontrollata e anomala di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne, in grado lasciare il tessuto da cui hanno avuto origine per invaderne altri.
Sia la prognosi (ovvero il decorso della malattia) che il tipo di trattamento, così come il successo delle cure, sono fortemente influenzati da quanto il tumore sia più o meno circoscritto (stadio della malattia) al momento della diagnosi. Per questa ragione è facile intuire quanto sia fondamentale sottoporsi a esami di screening periodici per la diagnosi precoce.
Le tipologie principali di tumore al seno
Ci sono diverse tipologie di tumore al seno. Nella maggior parte dei casi si tratta di carcinomi, ovvero tumori che originano da cellule epiteliali.
Tra i diversi carcinomi alla mammella, si possono poi distinguere:
- Il carcinoma duttale: si sviluppa a partire dalle cellule dei dotti, ovvero quei piccoli tubi attraverso i quali il latte giunge al capezzolo. Il tumore può diffondersi anche oltre la parete del dotto. Questa tipologia è una delle più comuni, rappresentando tra il 70-80% di tutte le forme di cancro al seno.
- Il carcinoma lobulare: questo tipo di carcinoma parte dal lobulo (strutture ghiandolari che costituiscono il seno) e può estendersi anche oltre la sua parete. Rispetto al duttale è meno frequente e rappresenta il 10-15% dei tumori al seno.
Ci sono poi altre forme meno comuni e generalmente con prognosi favorevole come il carcinoma tubulare, papillare, mucinoso, cribriforme e intraduttale in situ.
Oltre a questa classificazione, i tumori al seno possono essere distinti in:
- formenon invasive
- forme invasive.
Le forme non invasive sono quelle che rimangono in situ, ovvero non si espandono al di fuori del seno (es. carcinoma duttale in situ).
Le forme invasive invece, sono più gravi, poiché hanno la capacità di espandersi anche al di fuori del seno raggiungendo in alcuni casi altri organi o tessuti. Un esempio di carcinoma di questo tipo è il carcinoma duttale infiltrante.
Aspetto e stadi di evoluzione del tumore al seno
Il tumore al seno non è “statico” ma evolve in diversi stadi. Assegnare uno stadio al tumore è un processo chiamato “stadiazione” ed è fondamentale per individuare la terapia adeguata. Lo stadio del tumore indica quanto sia esteso rispetto alla sede originaria e tiene conto di tre parametri principali che sono l’estensione della malattia, il coinvolgimento dei linfonodi e la presenza di metastasi.
In linea generale:
- Lo Stadio, indica che il tumore è ancora localizzato (in situ) e non ha invaso i tessuti circostanti;
- Lo Stadio 1 si riferisce invece a quei tumori (inferiori ai 2 centimetri) che si sono diffusi oltre alla sede da cui hanno avuto origine (es. pareti dei dotti o lobuli) senza però raggiungere i linfonodi e/o altri organi;
- Lo stadio 2 si riferisce invece a carcinomi ad uno stadio più avanzato, della dimensione compresa tra i 2 e i 5 centimetri che possono aver raggiunto o meno i linfonodi;
- Lo stadio 3 indica tumori che indipendentemente dalla loro dimensione si sono estesi ai linfonodi o aree vicine del seno (es. parete toracica al di sotto del seno);
- Lo stadio 4 si riferisce a tumori metastatici che si sono diffusi ad altri tessuti e organi. Sono tumori che hanno raggiunto ad esempio le ossa, il fegato o i polmoni.
Cause e sintomi iniziali
Più che di cause, che non sono ancora del tutto conosciute, è meglio parlare di fattori di rischio del tumore al seno, ovvero quei fattori che aumentano la probabilità di ammalarsi.
I principali fattori di rischio associati allo sviluppo di carcinoma alla mammella sono:
- Età superiore ai 50 anni
- Prima mestruazione prima dei 12 anni
- Prima gravidanza dopo i 30 anni
- Menopausa tardiva (dopo i 55 anni)
- Familiarità
- Predisposizione genetica
- Non aver avuto figli
- Uso di alcuni contraccettivi orali
- Terapie ormonali
- Sovrappeso e obesità
- Fumo e alcol
Nella maggior parte dei casi il tumore alla mammella non dà dolore. Spesso il primo segnale riconoscibile è la presenza un’area ispessita nel seno. Altri segnali che si possono osservare sono:
- Presenza di noduli alla palpazione (aumento di consistenza in alcune parti del seno)
- Rientranze della cute
- Secrezioni sierose o ematiche dai capezzoli
- Eczemi sul seno
- Rigonfiamenti sulle ascelle
- Arrossamenti intorno al capezzolo
- Retrazione del capezzolo o cambio del suo aspetto
- Dolore al seno o all’ascella
- Ingrossamento dei linfonodi sotto l’ascella
Dati e predisposizione familiare
Circa il 70% dei tumori al seno sono forme sporadiche, che significa che alla loro genesi e al loro sviluppo hanno contribuito diversi fattori (tra cui quelli elencati in precedenza). Un’altra parte di tumori, circa il 20-25% si può invece definire familiare per la presenza di alcuni casi di tumore nella stessa famiglia ma non in rapporto diretto.
Una percentuale compresa tra il 5 e 7% è invece ereditaria, ovvero legata alla presenza di una mutazione genetica trasmessa dai genitori. In particolare, le mutazioni genetiche che predispongono al tumore alla mammella sono quelle che coinvolgono i geni BRCA1 e BRCA2, localizzati rispettivamente sui cromosomi 17 e 13 del nostro patrimonio genetico (DNA).
Questi geni vengono definiti oncosoppressori, un termine difficile per indicare una loro particolare capacità: individuare la presenza di errori (o rotture) nel DNA e attivare meccanismi di riparazione della cellula in modo che quest’ultima possa continuare a replicarsi in modo corretto. Tali geni, quando mutati, possono perdere questa capacità e quindi non riuscire più a controllare la crescita cellulare. Chi è portatore di questa mutazione è quindi ha un maggior rischio, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare un tumore alla mammella.
Quando si parla di fattori di rischio ereditari o familiari non si parla dunque della stessa cosa. Il “rischio ereditario” è dovuto ad una predisposizione genetica ed è legato alla presenza nelle proprie famiglie (paterna o materna) di più casi di tumore al seno (es. genitori, fratelli ecc.), casi di tumore in età giovanile, casi di tumore in entrambe le mammelle o tumore al seno e ovaio nella stessa donna. Quando si parla di “rischio familiare” ci si riferisce, invece, alla presenza di casi sporadici di tumore al seno nella stessa famiglia, ma sono assenti le caratteristiche descritte in precedenza.
Autopalpazione come primo passo per la prevenzione del tumore al seno
L’autopalpazione è esame che si può svolgere in autonomia a casa propria e che permette di cogliere precocemente eventuali cambiamenti che potrebbero rivelarsi importanti segnali di allarme per lo sviluppo di tumore al seno.
Gli step di questo esame sono due:
- Osservazione, per individuare cambiamenti nella forma del seno o del capezzolo tramite un’osservazione attenta;
- Palpazione per individuare la presenza di piccoli noduli o altri segnali. Per eseguire correttamente questo step è importante posizionarsi con il busto eretto davanti a uno specchio, con le braccia rilassate lungo il corpo ed eseguire queste semplici azioni:
- Contrarre i pettorali osservando il seno per scovare eventuali anomalie riguardo forma, volume e aspetto della cute;
- Posizionare il braccio destro dietro la nuca e palpare la mammella con i polpastrelli delle dita della mano sinistra, in senso orario partendo dalla parte superiore e spostandosi fino a completare un cerchio immaginario. Dedicarsi anche all’area del capezzolo e cavo ascellare; cambiando mano si procede poi con la mammella sinistra;
- Spremere leggermente e delicatamente i capezzoli tenendoli tra indice e pollice per eventuale presenza di secrezioni.
L’autopalpazione è un esame semplice e veloce, che dovrebbe essere eseguito a partire dai 20 anni di età possibilmente una volta al mese, tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo. Con l’aumentare dell’età, il rischio di tumore al seno aumenta e pertanto per le donne tra i di età superiore ai 40 anni l’autopalpazione diventa uno strumento di prevenzione particolarmente raccomandato. In caso di familiarità o alterazioni visibili, a partire dai 45 anni l’autopalpazione dovrebbe essere abbinata a visite senologiche periodiche o esami strumentali come ecografia o mammografia.
Mammografia: ogni quanto è necessario fare gli screening?
La mammografia è un esame molto importante per la diagnosi precoce del tumore al seno. Quest’esame, infatti, permette di identificare la presenza di lesioni anche di piccole dimensioni e quindi intervenire ad uno stadio ancora iniziale della malattia. L’esame non è invasivo e dura pochi minuti. Consiste nella compressione del seno tra due piastre in modo da eseguire una radiografia dettagliata della mammella.
Generalmente la mammografia viene effettuata all’interno di programmi di screening della popolazione e in caso di eventuali alterazioni individuate attraverso l’autopalpazione (es. nodulo in una mammella). Nelle donne sotto i 40 anni questo tipo di esame può risultare poco leggibile a causa della densità della ghiandola mammaria, pertanto, nelle donne di quest’età generalmente è consigliata l’ecografia. Al di sopra dei 40 anni invece, l’esecuzione della mammografia è consigliata anche a prescindere dalla presenza di casi in famiglia o di sintomi. La cadenza dei controlli è variabile ed è stabilita dal medico; in alcuni casi può essere consigliata una volta all’anno in altri, soprattutto quando la mammella è poco densa e non vi è familiarità per il tumore mammario può essere consigliata ogni due anni. Questo intervallo di tempo consente nella maggior parte dei casi di individuare tumori ancora in fase iniziale, senza però aumentare i rischi da radiazioni.
Per l’esecuzione della mammografia non vi è un limite di età. Anche oltre i 70 anni, se le condizioni di salute lo permettono è consigliabile fare un controllo mammografico periodico.
Fonti:
https://salute.regione.emilia-romagna.it/screening/mammografico/rischio-eredo-familiare